di Antonello Sotgia
Danilo Nuccetelli è un medico. Esercita, a Roma, nel quartiere dell’Esquilino. Quello dove, nel corso degli ultimi anni, una forte componente di migranti è riuscita, dopo qualche forma iniziale di incomprensione, a convivere con la comunità insediata.
È un luogo straordinario che, grazie al fatto di essere divenuto luogo di convivenza multiculturale, ha assunto nuove forme di identità recuperando spazi e edifici; rinominando quella parte del cuore antico della città. Danilo segue questo «laboratorio sociale» da qualche anno. Come consigliere prima e assessore poi di quel municipio che, oltre l’Esquilino, comprende i «pezzi di pregio» di Roma. Abituato dal suo lavoro a ricevere visite e ad ascoltare, ha iniziato, da «politico», a muoversi sulla strada. Ha capito che questa volta avrebbe dovuto lavorare a rovescio: essere lui a fare domande. A chi quelle strade abita e frequenta. A chi – il comune e la municipalità – si è assunto il compito di seguire la progettazione e la gestione di quelle trasformazioni.
Così, è rimasto colpito dal fatto che, da qualche tempo, stavano scomparendo parti significative proprio delle strade romane che aveva iniziato a percorrere . Si stava infatti rimettendo mano al selciato stradale. Solo che i nuovi sanpietrini [la leggendaria pavimentazione stradale della parte storica della città formata da elementi dalla forma di tronco di piramide] venivano importati dalla Cina. A Danilo non sono bastate le giustificazioni d’economicità dell’allora sindaco Rutelli. Così, ha iniziato a chiedersi se davvero era necessario subire anche per la strada gli effetti del mercato globalizzato. Se davvero, alla scomparsa della strada, doveva unirsi la cancellazione di quella sapienza artigianale, di quelle lavorazioni, dei luoghi stessi da cui prendere il materiale che, da sempre, hanno fatto parte della stessa storia della città.
Una battaglia lunga che ha trovato, infine, in una giovane laureanda romana, Ludovica Cibin, le risposte cercate. Oggi queste risposte, raccolte in un libro [«Il selciato romano», Gangemi editore 20 euro], dimostrano che non solo è un luogo comune parlare dell’impossibilità di recuperare quei fiumi di lava, ma che esistono ancora professionalità capaci di scavare e posare i pezzi secondo necessarie e precise tecniche. Forse questa ricerca riuscirà a dimostrare al sindaco, e al suo assessore alla manutenzione urbana, che dei sampietrini «taroccati» possiamo fare a meno.
Ma, prima che se ne accorga il sindaco Veltroni, resta una indicazione che dobbiamo proprio alla diagnosi di quel medico che l’impegno sociale e la passione a non tralasciare i particolari ha spinto fuori dal proprio studio. Guardandosi intorno, guardando in piccolo, capendo le trasformazioni di quella parte della città, i suoi nuovi colori e i suoni, ha capito che la politica tende a generalizzare tutto ad omogeneizzare ogni trasformazione. Danilo, al contrario, puntando sulla continuità di una piccola ma significativa parte della forma della strada, ha deciso di offrirla come trasformazione, ai nuovi abitanti che sono venuti ad abitare con lui .
Questione di sfumature. Puntare sul particolare contro la generalizzazione del mondo. Prove per un città normale che, come afferma Giorgio Muratore presentando il lavoro, suggeriscono la via di far bene le cose semplici come un esercizio trasgressivo a fronte delle false certezze di un modello avvilente di sviluppo apparente nel quale, fortunatamente, non tutti ci riconosciamo.