I sampietrini, la schiena e l’apologo di Agrippa

Sampietrino © ph Valentina Cinelli

PERCORSI – I sampietrini, la schiena e l’apologo di Agrippa
di Vito Bruno
dal Corriere della sera del 22.08.05

Duole il cuore passare per via delle Botteghe Oscure e assistere al pensionamento dei gloriosi sampietrini. Un manto di asfalto nero ha seppellito una delle più note tradizioni della Capitale. Una delle più estese ed evidenti. Prim’ancora che i monumenti, qualsiasi forestiero che si aggira per il centro di Roma, la prima cosa che nota è quel fondo stradale diseguale.

È inconfondibile, quello stretto reticolato di selci che richiama subito alla mente una temporalità «altra» rispetto alla banale contemporaneità del bitume. Quel senso di arcaico che è proprio della Città Eterna. Sotto il solleone o con la pioggia, all’alba o al tramonto, qualsiasi veduta di Roma non può prescindere dal quel segno geometrico che fa persino del piano di calpestio della città una piccola, grande, inimitabile opera d’arte.
Adesso tutto questo sta per passare in archivio. «Exit sampietrino», per dirla con Montale.

Ma se il cuore duole, un’altra parte del corpo umano, forse meno nobile, ma ugualmente determinante per il benessere di romani e forestieri, non può non rallegrarsene: la schiena. Soprattutto quella di chi si muove in motorino, ma anche di chi usa la macchina, o gli stessi autobus.

In certi tratti della rete stradale della città, il sampietrino irregolare, sconnesso, o mancante, costituisce un vero e proprio attentato all’incolumità fisica di chiunque si muova. Bisogna avere una colonna vertebrale in titanio per resistere a certe vibrazioni. E forse neanche basta. Come i giocatori di golf, che conoscono a memoria il green, o gli assi della stecca, che controllano anche le più piccole asperità del bigliardo, così i motociclisti studiano il percorso che devono affrontare e poi decidono di conseguenze. Il tratto di strada, ad esempio, che da via Teatro di Marcello immette su piazza Venezia è da evitare con ogni cura, pena un tremito alle mani per almeno qualche minuto. Così lunghi pezzi di via Nazionale, e altri sparsi qui e là per il centro storico.

E allora, meglio i sampietrini o l’asfalto? Il cuore o la schiena? Sembra il famoso apologo di Menenio Agrippa sul corpo umano aggiornato al XXI secolo. Ora come allora, è impossibile scegliere un organo rispetto all’altro. Per fortuna anche questa volta pare che sia stato trovato uno stratagemma per risolvere il conflitto: il sampietrino sì, ma solo nelle «aree protette» delle isole pedonali. La terminologia non è delle migliori. Fa pensare alle riserve di caccia dove si rinchiudono gli animali in via di estinzione, ma insomma la sostanza c’è. Forse neanche Menenio Agrippa avrebbe trovato di meglio.