Vince il sampietrino. E’ giusto?

Sampietrino © ph Valentina Cinelli

fonte: Il Tempo
di Matteo Vincenzoni

I turisti vorrebbero staccarli e portarseli a casa come un pezzetto della storia di Roma. In fondo, anche se piccoli e squadrati, ricordano tanto le grandi lastre di basalto dell’Appia Antica.

Per i romani che vanno in moto, che guidano, che sono costretti sulla carrozzella, per gli anziani, per le donne sui tacchi a spillo e i manager dal mocassino scivoloso, per i romani che lavorano, insomma, si tratta semplicemente di un «sercio maledetto».

E allora, come suggeriva Verdone in un film, che cosa aspetta l’amministrazione capitolina a «stendere una lunga lingua d’asfalto»? Sarà che si tratta di roccia vulcanica, e il sampietrino è politicamente una questione che scotta: lo amano ma vorrebbero toglierlo, lo odiano ma vorrebbero lasciarlo. «Sì, lo togliamo, ma lo lasciamo nelle isole pedonali». Quante volte sarà stata pronunciata questa frase? Lo disse Walter Veltroni nel 2005 e lo confermò nel 2007 il suo assessore ai Lavori pubblici Giancarlo D’Alessandro. Eppure, da piazzale Labicano a piazza Venezia fino a Piramide e Trastevere, il sampietrino è ancora protagonista.

A Gianni Alemanno e al suo assessore ai Lavori pubblici Fabrizio Ghera il sampietrino piace, e proprio ieri sono partiti i lavori per ripristinarlo nell’ormai devastata via Nazionale. «Il progetto – spiega Ghera – è comunque di ridurre la superficie del pavè capitolino per risparmiare e renderne più efficiente la manutenzione», quattro volte più costosa dell’assai meno scivoloso, in caso di pioggia, «conglomerato bituminoso». «Salverebbero» dall’asfalto aree monumentali come via dei Fori Imperiali e piazza Venezia lasciando però l’italica selce in tutto il centro storico. Avremo così una piazza Venezia «sampietrificata» e una via del Corso asfaltata, un corso Vittorio asfaltato e una via Nazionale «sampietrificata», senza una logica.

Logica spazzata via da due illogici esempi di pedonalizzazione, via del Corso e via dei Fori Imperiali. La prima, asfaltata, isola pedonale tutti i giorni nel tratto che va da piazza Del Popolo all’incrocio con via Tomacelli, la seconda «sampietrificata», isola pedonale solo di domenica.
E se alle imprecazioni dei motociclisti, dei tassisti, degli anziani, delle donne «tacchettate» e dei manager «mocassinati» aggiungiamo quelle dei palazzi sconquassati dalle vibrazioni provocate dagli autobus che sobbalzano sui sampietrini, e la reputazione che i «serci» hanno presso i medici dei reparti di ortopedia degli ospedali capitolini, allora non resta che girare il pollice verso il basso e condannarli come nemico pubblico numero 1.
Ma siccome il sampietrino ha indubbiamente un suo fascino, quell’«appeal» che ha fatto venire a un cinese l’idea di copiarceli per poi rivenderceli e a una signorina in scooter strane voglie sessuali (in tv rivelò di «divertirsi» sobbalzando sul sellino), e un record da «guinnes» di lanci raggiunto nel ’68 negli scontri di Valle Giulia, in qualche modo bisogna essere magnanimi. Prendiamo quindi in prestito da Veltroni quella promessa non mantenuta: «Resti il sampietrino, ma solo nelle isole pedonali», con la speranza che sulla pedonalizzazione del centro storico si faccia un po’ di chiarezza.