Mario il selciatore: ‘Mestiere finito’

Sampietrino © ph Valentina Cinelli

Mario il selciatore: ‘Mestiere finito’
Repubblica — 22 febbraio 2002 pagina 7 sezione: ROMA

«Ormai è finita, ci sto solo io, i sampietrini non li vuole lavorare più nessuno». Il de profundis all’ artigianato del selcio romano lo intona uno degli ultimi selciatori, Mario Passarelli, 70 anni. Da quando ne aveva 15 ha conosciuto un unico mestiere: forgiare i sampietrini. E lo fa ancora, con grande passione, nella stessa cava in cui cominciò quando arrivò a Roma dall’ Abruzzo, nel 1947, la cava Nenni, 10 ettari di basalto in località Laghetto, sulla Casilina, oltre il raccordo, nel comune di Montecompatri. I grossi camion vanno e vengono trasportando gli scaglioni di roccia che poi si trasformerà in pietrisco, gramiglia, asfalto, a seconda delle richieste delle ditte acquirenti. E’ su queste attività che si regge la cava. «La produzione di selci racconta Roberto Renzi, attuale titolare dell’ impresa, genero del proprietario storico, Tommaso Nenni è un tributo che devo a mio suocero. Suo padre era selciatore e lui si ostina a voler mantenere in vita questa attività che non è per niente remunerativa». Non lo è, come sottolinea Renzi, perché più nessuno chiede sampietrini, perché è un lavoro durissimo, tutto a mano, e non c’ è più nessuno che vuole farlo. All’ ingresso della cava sono ammonticchiati sei cumuli di sampietrini. «Sono 35.000 pezzi precisa Renzi Passarelli ci ha messo un anno per realizzarli e nessuno li ha ancora voluti comprare. L’ ultima vendita l’ abbiamo fatta ad un’ impresa americana, che a Miami, dentro un centro commerciale, ha riprodotto una piazza dell’ antica Roma, procurandosi le colonne da una cava di marmo a Tivoli». Un grottesco epitaffio al glorioso simbolo della capitale. Una lenta agonia che si può cogliere anche nelle nuove forme e nei nuovi nomi del selcio romano. «Io non realizzo più sampietrini specifica Mario Passarelli ma “bastardoni”, cioè pietre più grosse e irregolari, meno curate. E’ il massimo che riesco a fare adesso, da solo, con gli acciacchi dell’ età. Un tempo con me lavorava una squadra». C’ erano il minatore, che con l’ esplosivo rompeva il banco di basalto, lo squartatore, che faceva a pezzi la pietra, il manovale, che portava i pezzi al selciatore, il quale a quella pietra dava la forma finale del sampietrino nelle sue varie fogge: cubetti, selci, mercatini. Ora Passarelli deve fare tutto da solo: con la mazza spacca il blocco di basalto, con la mazzetta lo riduce in pezzi più piccoli, con il martello realizza il sampietrino. «Quattro ore di lavoro al giorno racconta per produrre al massimo 200 “bastardoni”, che mi pagano 300 lire l’ uno. Alla fine mi fa male tutto: le braccia, la schiena, le gambe». Eppure lui si diverte ancora. «La soddisfazione più grande dice è quando trovi un sasso buono, che si rompe subito e tu ti stanchi di meno. Certi sassi invece sono duri e bisogna bussare tante volte con la mazza». Bussare vuol dire sondare la pietra con una serie di colpi, per trovare il punto debole, dove agire con decisione. Poi è tutto un lavoro di grande attenzione, perché il basalto si scheggia facilmente, i sampietrini vanno presi ed appoggiati uno ad uno con la massima cura. – CECILIA GENTILE