Sampietrini da souvenir? Difendiamoli

SAMPIETRINI DA SOUVENIR? DIFENDIAMOLI
Repubblica — 18 ottobre 1997 pagina 6 sezione: CRONACA ROMA

COME la cosa più cara, intima del ricordo c’ è il Sampietrino-Souvenir. Come anche nei secoli dei secoli, fino a farlo diventare un monticello, c’ è stato il Coccio-Souvenir, prelevato dal testaccino Monte dei Cocci. Bella, piazza Navona, bella quella macchina di pietra e d’ acque e vento della Fontana del Cav. Bernini.
Ma sarebbe anche bello, perché no, portarsi in Giappone almeno un’ unghia del Nilo. Bello tutto, ma non balla il fatto che dentro la valigia vada a finire quel caro giocattolo del sampietrino, quel dadarello di selce su cui hanno scorrazzato Principi e Papi. Uno shopping che offre Mamma Roma con generosità puttanesca, prelevandolo dal suo più indisturbato e invigilato museo all’ aperto che esista al mondo. Sampietrino che passione. Ne avevamo riproposto l’ uso e il culto. E il voto è stato esaudito, cadendo come una benedizione sulla sconquassata e fracassona platea del Pantheon che già conobbe in altri tempi il reverenziale omaggio del silenzio per le mattonelle di legno donate dagli italiani di Buenos Aires. Ma questo figlio della “pagnotta”, che forma il basolato dell’ Appia Antica, dove risuona ancora il fragore delle bighe, se da una parte è il Delfino del più raffinato Gotha antiquario capace di trasmettere sui pochi centimetri un testamento millenario, dall’ altra è il figlio bastardo, maltrattato, divelto, Guardate la scena di via Tagliamento, la scena di un mortorio. L’ ossario andrà nei depositi della Vasca Navale, ad aumentare il rimpianto di un artigianato sparito nella cave abbandonate della Casilina. Degli omerici uomini di Alfedena che lavoravano il selce ne è rimasto il dagherrotipo. I magazzini del Testaccio sono un ricordo. Che ben torni il sampietrino e la coscienza di farlo rivivere sulle piazze, ripristinando una Scuola, un grande artigianato. Ma per amor del cielo, quelle poche fette rimaste difendiamole dai ladri. – Domenico Pertica